Interviste a personaggi noti: il diritto d’autore spetta di regola all’intervistatore

In caso di interviste a personaggi noti la creatività va ricercata nell’attività posta in essere dall’intervistatore: la connotazione di creatività che consente la tutela del diritto d’autore deve essere individuata nell’elaborazione dei testi, nella conduzione finalizzata alla caratterizzazione della personalità dell’intervistato, nell’individuazione dei dati salienti ed “interessanti” di essa e non nel mero fatto narrativo registrato.

Alla luce di ciò, la qualifica di autore spetta, di regola, all’intervistatore, laddove l’intervista stessa soddisfi i presupposti di creatività necessari per la tutela del diritto d’autore, salvo che si verifichino, in fatto, situazioni che comportino l’assoluta autonomia e creatività delle dichiarazioni dell’intervistato rispetto al contributo effettivo dell’intervistatore.

E’ quanto emerge da una pronuncia del Tribunale di Milano del 16 aprile 2015, recentemente pubblicata, che riassume alcuni principi in materia, che si possono comunque ritenere applicabili a tutte le interviste in generale.

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Diffamazione su social network: il reato è aggravato

La pubblicazione di frasi diffamatorie su social network integra l’ipotesi aggravata del reato trattandosi di una condotta posta in essere mediante un “mezzo di pubblicità”: la diffusione del messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo di un social network, infatti, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché i profili social racchiudono un numero apprezzabile di persone, sia perché l’utilizzo di essi integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita.

Così la Corte di Cassazione (sent. 8328/2016) chiamata ancora una volta ad esprimersi su un caso di contenuti diffamatori postati sulla bacheca di Facebook.

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Omicidio stradale e lesioni stradali: approvata la legge

Approvata definitivamente la nuova normativa che introduce i reati di omicidio stradale e lesioni stradali, intervenendo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sul codice della strada. Di seguito le principali novità.

Il reato di omicidio stradale è così strutturato:

  • da 8 a 12 anni di reclusione in caso di omicidio commesso con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o in caso di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope;
  • da 5 a 10 anni di reclusione in caso di omicidio commesso con tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 g/l o a seguito di comportamenti quali il superamento grave dei limiti di velocità, l’attraversamento di incroci con semaforo rosso, la circolazione contromano, l’inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o sorpassi azzardati;
  • da 2 a 7 anni di reclusione in tutti gli altri casi di omicidio commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Il reato di lesioni stradali gravi o gravissime è così strutturato:

  • da 3 a 5 anni di reclusione per le lesioni gravi e da 4 a 7 anni di reclusione per le lesioni gravissime in caso di tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o in caso di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope;
  • da 1 anno e mezzo a 3 anni di reclusione per le lesioni gravi e da 2 a 4 anni di reclusione per le lesioni gravissime in caso di tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 g/l o per comportamenti quali il superamento grave dei limiti di velocità, l’attraversamento di incroci con semaforo rosso, la circolazione contromano, l’inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o sorpassi azzardati.

Conducenti professionali e di mezzi pesanti:

  •  le ipotesi più gravi di omicidio stradale e di lesioni stradali si applicano ai conducenti professionali ed agli autisti di mezzi pesanti ed autobus anche in presenza di un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Aggravante per chi fugge:

  • per entrambi i reati è previsto l’aumento della pena da un terzo a due terzi per chi fugge dopo aver commesso il fatto, con pena che non può comunque essere inferiore a 5 anni in caso di omicidio e 3 anni in caso di lesioni.

Altre aggravanti:

  • la pena è aumentata in caso di guida senza patente, con patente revocata o sospesa, senza assicurazione;
  • la pena è aumentata in caso di più soggetti lesi.

Attenuante:

  • la pena può essere ridotta fino alla metà nel caso in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o omissione del guidatore.

Revoca della patente:

  • la patente è revocata per 10 anni in caso omicidio stradale “semplice” (la fattispecie per cui è prevista la pena minore), 15 anni in tutti gli altri casi; il termine è elevato fino a 20 anni nel caso in cui il colpevole abbia precedenti per droga o alcol e fino a 30 anni in caso di fuga;
  • la patente è revocata per 5 anni in caso di lesioni stradali; il termine è elevato fino a 10 anni in caso di precedenti per droga o alcol e a 12 anni in caso di fuga.

Arresto in flagranza:

  • l’ arresto è obbligatorio solo per l’omicidio stradale commesso da chi guida in stato di tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o sotto l’effetto di stupefacenti;
  • negli altri casi l’arresto è facoltativo, restando però espressamente escluso, limitatamente alle lesioni, se il conducente presta subito soccorso.

 

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Disegni+ 3: al via le agevolazioni per le imprese che intendono produrre o commercializzare disegni o modelli registrati

Dal 2 marzo 2016 è possibile presentare le domande di agevolazione previste dal Bando Disegni+ 3.

La misura mira a sostenere la capacità innovativa e competitiva delle PMI attraverso la valorizzazione e lo sfruttamento economico dei disegni/modelli sui mercati nazionale e internazionale (fino all’esaurimento delle risorse stanziate, pari ad € 4.700.000,00).

La misura copre la produzione di nuovi prodotti correlati ad un disegno/modello registrato e la commercializzazione sempre di un disegno/modello registrato, finanziando l’acquisto di appositi servizi specialistici esterni.

Per la fase di produzione sono rimborsabili, in conto capitale nella misura dell’80% delle spese ammissibili e fino ad un importo massimo di € 65.000,00, le spese sostenute per:

  • ricerca sull’utilizzo dei nuovi materiali
  • realizzazione di prototipi e stampi
  • consulenza tecnica relativa alla catena produttiva
  • consulenza legale relativa alla catena produttiva
  • consulenza specializzata nell’approccio al mercato (strategia, marketing, vendita, comunicazione)

Per la fase di commercializzazione sono rimborsabili,in conto capitale nella misura dell’80% delle spese ammissibili e fino ad un importo massimo di € 15.000,00, le spese sostenute per:

  • consulenza specializzata nella valutazione tecnico-economica del disegno/modello e per l’analisi di mercato, ai fini della cessione o della licenza del titolo di proprietà industriale
  • consulenza legale per la stesura di accordi di cessione della titolarità o della licenza del titolo di proprietà industriale
  • consulenza legale per la stesura di eventuali accordi di segretezza

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Consenso informato: responsabile il medico in caso di informativa incompleta al paziente

Il medico, prima di un intervento, è obbligato a fornire un’informazione completa ed esaustiva al paziente, comprensiva di tutte le caratteristiche dell’intervento e dei possibili rischi.

La Corte di Cassazione (sent. 2177/2016) ribadisce che il consenso all’intervento deve essere personale, specifico e esplicito, nonché reale ed effettivo, non essendo consentito il consenso presunto; deve essere pienamente consapevole e completo, ossia deve essere informato, dovendo basarsi su informazioni dettagliate fornite dal medico, ciò implicando la piena conoscenza della natura dell’intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative. La qualità del paziente non rileva ai fini della completezza ed effettività del consenso, bensì sulle modalità con cui è veicolata l’informazione, ossia nel suo dispiegarsi in modo adeguato al livello culturale del paziente stesso, in forza di una comunicazione che adotti un linguaggio a lui comprensibile in ragione dello stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui dispone.

Nel caso in esame, la paziente lamentava di non essere stata adeguatamente informata dal medico sulla natura e i rischi di un intervento agli occhi (effettuato per eliminare una miopia), a seguito del quale insorgevano notevoli complicanze (peggioramento delle capacità visive che in breve tempo la portava ad avere un residuo visivo di 2/10 in occhio destro e 3/10 in occhio residuo e invalidità permanente al 60%). Il depliant informativo consegnato alla paziente non poteva considerarsi sufficientemente completo e dettagliato, essendovi indicate solo alcune  complicanze, peraltro come transitorie, e tacendo su ulteriori effetti che potevano determinarsi, come quello verificatosi.

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Scoperta archeologica durante lavori pubblici: ente pubblico responsabile per il protrarsi illimitato della sospensione lavori

In caso di sospensione di lavori pubblici da parte dell’appaltante per la scoperta di reperti archeologici, il protrarsi illimitato della sospensione è irragionevole, nonché contrario ai principi di correttezza e buona fede e, conseguentemente, l’appaltatore potrà chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’ingiustificata sospensione (la quale è funzionale alla sistemazione fisica dei beni rinvenuti, che deve avvenire nel più breve tempo possibile per consentire la ripresa dei lavori).

La Corte di Cssazione ha altresì specificato (sent. 2316/2016) che, al fine di ottenere il risarcimento, l’appaltatore dovrà formulare la riserva di risarcimento nel verbale di ripresa dei lavori, o in un qualsiasi atto successivo al verbale che dispone la sospensione delle opere, quando questa, legittima inizialmente, sia divenuta illegittima per la sua eccessiva protrazione, con il conseguente collegamento del danno a tale illegittimo protrarsi, poiché, in siffatta ipotesi, la rilevanza causale del fatto illegittimo dell’appaltante rispetto ai maggiori oneri derivati all’appaltatore è accertabile solo al momento della ripresa dei lavori.

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Polizze assicurative: le clausole ambigue vanno interpretate a favore dell’assicurato

In caso di clausole ambigue all’interno di un contratto di assicurazione, qualora l’ambiguità, o la poca chiarezza, non sia superabile mediante i criteri ermeneutici previsti dalla legge, le stesse devono essere interpretate in senso sfavorevole alla parte che le ha predisposte (art. 1370 c.c.), ovvero a favore del contraente (l’assicurato) che aderisce a schemi negoziali unilateralmente predisposti da altri.
Lo scopo della norma è quindi quello di evitare che chi predispone il contratto, con un comportamento contrario al principio di buona fede, possa avvantaggiarsi dell’ambiguità di clausole unilateralmente redatte.

Così la Corte di Cassazione (sent. 668/2016), che nel caso di specie si è occupata della clausola che definiva il rischio assicurato come “lo scoppio causato da eccesso di pressione”.

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Carenze nella sicurezza del luogo di lavoro: risarcimento per i lavoratori anche in caso di rapina

L’inadempimento del datore di lavoro all’obbligo (art. 2087 c.c.) di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità psico-fisica dei lavoratori può essere riconosciuto anche in caso di attività criminosa dei terzi qualora essa sia prevedibile in ragione dell’attività esercitata.

Così la Corte di Cassazione (sent. 3212/2016) che ha riconosciuto al dipendente – a seguito di una rapina in ufficio postale privo di sbarre alle finestre e con le telecamere fuori uso – il danno biologico e morale da disturbo post traumatico da stress.

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Ignoranza del funzionamento di un impianto: responsabile l’infermiere per i danni al paziente

Responsabilità in capo all’infermiere e non al medico in caso di ignoranza del funzionamento di un impianto.

Sulla base della considerazione che l’infermiere non è un “ausiliario del medico”, ma un “professionista sanitario” (che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, specie durante il decorso post operatorio dove è onerato di vigilare sul paziente ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico), la Corte di Cassazione (sent. 2541/16) ha ritenuto che sullo stesso possa gravare una responsabilità di tipo omissivo riconducibile ad una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico.

Nel caso specifico, in occasione dell’installazione di un nuovo impianto di monitoraggio, era accaduto che l’impianto avesse allarmi sonori sospesi perché necessitanti di riattivazione manuale, con la conseguenza che ad una crisi di fibrillazione ventricolare che colpiva un paziente il personale non si allertava portando al paziente. L’infermiere, sottolinea la Corte, posto il graduale percorso di affermazione della professionalità del personale infermieristico, e della conseguente autonomia decisionale e organizzativa, assume specifico rilievo nell’ambito delle Unità di terapia intensiva cardiologica, in quanto le stesse sono caratterizzate da un’area di degenza dove si esercita una sorveglianza diretta e continua del paziente da parte del personale infermieristico in grado di intervenire autonomamente ed immediatamente alla comparsa di un’aritmia minacciosa; l’UTIC è caratterizzata, cioè, da personale che fa un training specifico e che non è mero esecutore, ma in qualche modo agisce da medico, essendo in grado di agire terapeuticamente in autonomia nell’immediatezza anche senza la presenza del medico.

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