Fallo del difensore e lesioni: nessuna sanzione penale se il fatto è nei limiti del rischio consentito nelle competizioni sportive

Non costituisce reato l’entrata dura di un difensore che, con un intervento fuori tempo finalizzato ad interrompere un contropiede, provochi una frattura all’avversario per eccesso di agonismo nel corso di un incontro importante e di un’azione di gioco decisiva.

La Corte di Cassazione (sent. 9559/16), riepilogando i principi alla base della scriminante atipica dell’accettazione del rischio consentito per gli eventi lesivi causati nel corso di incontri sportivi, ha ribadito come tale rischio vada sottoposto ad un attento vaglio del caso concreto (ragguagliato al tipo di sport, alle caratteristiche ed al rilievo della competizione, nonché al rispetto delle regole del gioco ed alla valutazione delle condizioni psicologiche dell’agente in caso di travalicamento delle stesse).

In presenza delle condizioni concrete che rendano operante la scriminante, il fatto sarà sanzionato solo in ambito sportivo.

 

 

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Diffamazione su social network: il reato è aggravato

La pubblicazione di frasi diffamatorie su social network integra l’ipotesi aggravata del reato trattandosi di una condotta posta in essere mediante un “mezzo di pubblicità”: la diffusione del messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo di un social network, infatti, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché i profili social racchiudono un numero apprezzabile di persone, sia perché l’utilizzo di essi integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita.

Così la Corte di Cassazione (sent. 8328/2016) chiamata ancora una volta ad esprimersi su un caso di contenuti diffamatori postati sulla bacheca di Facebook.

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Omicidio stradale e lesioni stradali: approvata la legge

Approvata definitivamente la nuova normativa che introduce i reati di omicidio stradale e lesioni stradali, intervenendo sul codice penale, sul codice di procedura penale e sul codice della strada. Di seguito le principali novità.

Il reato di omicidio stradale è così strutturato:

  • da 8 a 12 anni di reclusione in caso di omicidio commesso con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o in caso di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope;
  • da 5 a 10 anni di reclusione in caso di omicidio commesso con tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 g/l o a seguito di comportamenti quali il superamento grave dei limiti di velocità, l’attraversamento di incroci con semaforo rosso, la circolazione contromano, l’inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o sorpassi azzardati;
  • da 2 a 7 anni di reclusione in tutti gli altri casi di omicidio commesso in violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Il reato di lesioni stradali gravi o gravissime è così strutturato:

  • da 3 a 5 anni di reclusione per le lesioni gravi e da 4 a 7 anni di reclusione per le lesioni gravissime in caso di tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o in caso di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope;
  • da 1 anno e mezzo a 3 anni di reclusione per le lesioni gravi e da 2 a 4 anni di reclusione per le lesioni gravissime in caso di tasso alcolemico tra 0,8 e 1,5 g/l o per comportamenti quali il superamento grave dei limiti di velocità, l’attraversamento di incroci con semaforo rosso, la circolazione contromano, l’inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o sorpassi azzardati.

Conducenti professionali e di mezzi pesanti:

  •  le ipotesi più gravi di omicidio stradale e di lesioni stradali si applicano ai conducenti professionali ed agli autisti di mezzi pesanti ed autobus anche in presenza di un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Aggravante per chi fugge:

  • per entrambi i reati è previsto l’aumento della pena da un terzo a due terzi per chi fugge dopo aver commesso il fatto, con pena che non può comunque essere inferiore a 5 anni in caso di omicidio e 3 anni in caso di lesioni.

Altre aggravanti:

  • la pena è aumentata in caso di guida senza patente, con patente revocata o sospesa, senza assicurazione;
  • la pena è aumentata in caso di più soggetti lesi.

Attenuante:

  • la pena può essere ridotta fino alla metà nel caso in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o omissione del guidatore.

Revoca della patente:

  • la patente è revocata per 10 anni in caso omicidio stradale “semplice” (la fattispecie per cui è prevista la pena minore), 15 anni in tutti gli altri casi; il termine è elevato fino a 20 anni nel caso in cui il colpevole abbia precedenti per droga o alcol e fino a 30 anni in caso di fuga;
  • la patente è revocata per 5 anni in caso di lesioni stradali; il termine è elevato fino a 10 anni in caso di precedenti per droga o alcol e a 12 anni in caso di fuga.

Arresto in flagranza:

  • l’ arresto è obbligatorio solo per l’omicidio stradale commesso da chi guida in stato di tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l o sotto l’effetto di stupefacenti;
  • negli altri casi l’arresto è facoltativo, restando però espressamente escluso, limitatamente alle lesioni, se il conducente presta subito soccorso.

 

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Ignoranza del funzionamento di un impianto: responsabile l’infermiere per i danni al paziente

Responsabilità in capo all’infermiere e non al medico in caso di ignoranza del funzionamento di un impianto.

Sulla base della considerazione che l’infermiere non è un “ausiliario del medico”, ma un “professionista sanitario” (che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, specie durante il decorso post operatorio dove è onerato di vigilare sul paziente ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico), la Corte di Cassazione (sent. 2541/16) ha ritenuto che sullo stesso possa gravare una responsabilità di tipo omissivo riconducibile ad una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente del tutto autonoma rispetto a quella del medico.

Nel caso specifico, in occasione dell’installazione di un nuovo impianto di monitoraggio, era accaduto che l’impianto avesse allarmi sonori sospesi perché necessitanti di riattivazione manuale, con la conseguenza che ad una crisi di fibrillazione ventricolare che colpiva un paziente il personale non si allertava portando al paziente. L’infermiere, sottolinea la Corte, posto il graduale percorso di affermazione della professionalità del personale infermieristico, e della conseguente autonomia decisionale e organizzativa, assume specifico rilievo nell’ambito delle Unità di terapia intensiva cardiologica, in quanto le stesse sono caratterizzate da un’area di degenza dove si esercita una sorveglianza diretta e continua del paziente da parte del personale infermieristico in grado di intervenire autonomamente ed immediatamente alla comparsa di un’aritmia minacciosa; l’UTIC è caratterizzata, cioè, da personale che fa un training specifico e che non è mero esecutore, ma in qualche modo agisce da medico, essendo in grado di agire terapeuticamente in autonomia nell’immediatezza anche senza la presenza del medico.

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Depenalizzazione: oltre 40 reati diventano illeciti civili o amministrativi

Sono oltre 40 i reati interessati dalla ampia depenalizzazione operata dal legislatore.

Tali fattispecie, a partire dal 6 febbraio 2016, non saranno più punite con le sanzioni penali ma, a seconda dei casi, con sanzioni civili (da 100 euro a 12.000 euro, a seconda delle fattispecie) o amministrative (da 5.000 euro a 50.000 euro, a seconda delle fattispecie, oltre eventuali sanzioni accessorie).

Le sanzioni civili saranno applicate dal giudice civile competente per il risarcimento del danno. Sarà quindi onere del danneggiato instaurare il procedimento civile, al temine del quale il giudice, oltre a definire la somma risarcitoria, irrogherà la sanzione civile pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.

Il procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative, invece, sarà quello di cui alla legge 689/1981.

La normativa si applica anche alle violazioni commesse anteriormente 6 febbraio 2016, salvo sentenza o decreto penale irrevocabili (in tali casi, il giudice dell’esecuzione revoca il provvedimento penale, dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti).

Tra i reati abrogati vi sono: ingiuria; falsità in scrittura privata; sottrazione di cose comuni; atti osceni (ad eccezione dell’ipotesi aggravata, ovvero quando il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi frequentati da minori); atti contrati alla pubblica decenza; pubblicazioni e spettacoli osceni (ad eccezione dell’ipotesi aggravata); rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive; noleggio abusivo o concessione in uso di opere tutelate dal diritto d’autore; copia abusiva su supporti audio-video di opere musicali, cinematografiche; omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali (se l’importo omesso è inferiore a 10mila euro annui); guida senza patente (solo per la prima violazione); danneggiamento (ad eccezione delle ipotesi aggravate); abuso della credulità popolare; rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto; installazione ed esercizio non autorizzato di impianti di distribuzione automatica di carburanti per uso di autotrazione; alterazione, cancellazione di contrassegni su macchina utensile o alterazione del certificato di origine della macchina; impianto, uso, costruzione, vendita non autorizzati di apparecchi e materiali radioelettrici privati.

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Diritto di cronaca in ambito penale e diffamazione: necessaria la rigorosa corrispondenza tra il narrato e l’accaduto

Interesse pubblico, continenza, verità oggettiva della notizia: sono i punti cardine affinché operi la scriminante del diritto di cronaca.

In particolare, qualora si tratti di cronaca giudiziaria, la verità oggettiva della notizia deve essere fedele al provvedimento giudiziario o, qualora questo ancora manchi, deve consistere nella rigorosa corrispondenza tra il narrato e l’accaduto, pena l’incriminazione per diffamazione.

Principio questo, ribadito dalla Corte di Cassazione (sent. 3073/2016) nel caso di un giornalista che erroneamente indicava indagati dei soggetti per un reato diverso da quello oggetto del procedimento penale.

 

 

 

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